Tigro, un nome già noto, i bambini, quelli del tutto e davvero teneri ne parlano che neanche sanno come pronunciarlo, noi no: Io ed Elena no, lo pronunciavamo bene, ed in fondo il nome l’avevamo scelto banalmente, era quasi una semplice osservazione, ricordo ancora quando tronfio esclamai così: “è tigrato, lo chiamiamo Tigro!”.
E così mi trovo a scrivere di un gatto, un semplice gatto, figlio di una gattona di strada, i suoi fratelli sono qui con me (vi confesso che qualcosa l’hanno scritta pure loro saltellando sulla mia tastiera), nacquero nella nostra cucina, che Elena splendidamente trasformò in una sala parto. Non mancava nulla, se non loro, solo dopo la mezzanotte la gattona si decide, e via uno dopo l’altro, anche se a notevole distanza, vengono fuori quelli che poi battezzeremo nell’ordine: Ciccio, Tigro, Nuvoletta e Puntino.
Certo di errori ne abbiam fatti tanti, per non parlare di Nuvoletta ritenuta gatta per due mesi prima di farci dire da un’amica che era un maschio… e che maschio.
Tutti tranne Tigro hanno preso i colori a metà dalla mamma, una norvegese tigrata beige scuro, ed a metà dal papà, un gattone gigante nero e bianco, gatto che di figliuoli nel quartiere ne ha davvero tanti…
Tigro, tra tutti spicca per la livrea tigrata, e per una spettacolare leopardatura sul pancino, è davvero un bel gatto, tra tutti sicuramente il meno orsacchiotto, tra tutti il più felino.
Mai visto un gatto con tanta gioia addosso, certo ora non pretendo di sapere se un gatto prova gioia o meno, ma a guardarlo saltellare dopo aver “cacciato” attorno ad una lucertola portata sul nostro balcone sembrava un bimbo felice che non aspettava altro che i complimenti e la soddisfazione di “papà” e “mammà”.
Mi chiederete, forse, banalmente, se era affettuoso o se faceva le fusa… Le Fusa? Di più, flirtava, quando si avvicinava , a volte temevo volesse entrarmi nelle viscere attraverso le ascelle! Si strusciava a scavava con quelle unghie che pensavo quasi mi stesse togliendo qualcosa sottopelle!
E poi a girare intorno ed a cercare le mie mani per strofinarle con quel naso sempre, sempre umido, sembrava insaziabile ed immancabilmente dovevo essere io ad interrompere “l’amplesso” perché durava all’infinito. Insomma un gran bel gatto, affettuosissimo, ma anche personaggio… un altro modo per esprimere felicità per lui era quello di dar fiato al posteriore, guai a prenderlo in braccio e tenerlo per più di due minuti, trascorso questo tempo, in estremo silenzio, era in grado di stordirti facendo puzzette.
Ci sarebbe tanto altro da raccontare, ad esempio il modo che aveva di dormire, completamente pancia in aria, ma ogni cosa bella prima o poi finisce, e nel finire fa apprezzare a chi l’ha osservata la sua bellezza e quella delle cose, tutte.
Quel giorno, ciccio, il fratellino, stava male, eravamo un po’ giù, e decidemmo di fare un giro in macchina, giusto per comprare le sigarette e magari prendere un caffé, dopo aver indugiato alquanto, per pigrizia, saliamo in macchina e via.
Già dopo dieci metri qualcosa di strano: una serie di rumori sordi, e vediamo correre uno dei quattro gatti, era nel vano motore dell’auto. Ci fermiamo, recuperiamo il gatto: sta bene. Torniamo in auto, per un attimo pensiamo di controllare il cofano motore ma penso che quello doveva essere l’ultimo ed anzi se ce n’erano altri erano sicuramente saltati fuori, quindi, si riparte.
Circa due o trecento metri dopo, dopo aver fatto un paio di curve, aver preso più di un dosso e più di una buca, un altro tonfo mi spinge a guardare lo specchietto retrovisore e li, un’agghiacciante scena di pochi secondi, si fisserà nella mia retina, e nella mia memoria, per sempre: Un’esile quanto agile figura a strisce rotola in mezzo alla strada dietro di noi, si rimette istantaneamente sulle zampe e corre verso il lato della strada, ma arriva solo ad accennare il movimento che viene interrotto bruscamente dalla ruota sinistra dell’auto che precedevo: Già so che non c’è nulla da fare, ho visto bene dove è stato colpito, so bene che il mio Tigro è morto, non vorrei neanche fermarmi, non certo per pigrizia, ma perché so che avrei provocato altro dolore oltre che a me facendo vedere lo scempio ad Elena seduta accanto a me, lo sguardo già mi tradisce, quando sento un altro tonfo e vedo dall’altro lato nuvoletto, l’altro gatto che corre: Erano tutti e tre nel vano motore.
A quel punto cerco di fermarmi, sbigottito, e mi infilo nel primo buco di posto che trovo. Scendo ma Elena mi ha già preceduto e sta già piangendo guardando quello che resta di Tigro, andato all’istante. Già shockato cerco di acciuffare Nuovoletto, che si era infilato sotto un’altra auto, mi rovino per terra per prenderlo, ma Elena lo ha già recuperato.
Scoppiamo a piangere come due bambini, cerchiamo di calmarci un po, pensiamo di togliere Tigro dalla strada, ma niente, non siamo in grado, non reggiamo alla vista, è un lago di sangue e soprattutto è incredibile per noi vederlo immobile, ci stanno comunque pensando quelli dell’auto che l’ha investito.
A quel punto la voglia di farci un giro ci è passata, e dobbiamo riportare Nuvoletto a casa.
Distrutto mi siedo sul trono, in bagno, ma sento puzza, e non sono io, è puzza di bruciato, chiedo ad Elena e mi dice che fuori stanno tagliano delle mattonelle, io quindi secondo il mio solito vado per affacciarmi e sbraitare che non si fa così , bla bla… ma, alla mia sinistra vedo fiamme già alte che avvolgono l’autoclave, allora in maniera abbastanza rocambolesca spengo il fuoco con la pompa dell’acqua.
Se non fossimo rientrati in casa quelle fiamme avrebbero dato fuoco a tutta la struttura che ospita i serbatoi, e probabilmente si sarebbero propagate in casa.
Quella bellissima anima agile e felice di Tigro nel finire, sicuramente in un istante, ha mutato il nostro destino, e gli eventi quasi si sono orientati attorno ad esso, a farci capire che era importante e che sempre lo sarebbe stato.
Grazie Tigro per quello che sei, dentro di noi.
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1 commento:
mi dispiace....un gatto è come un amico
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